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Impresa e imprenditori: la storia prima dello sguardo economico

Oggi facciamo un passo indietro nel tempo per scoprire le origini di due parole che sono a noi molto familiari: impresa e imprenditore. Questi termini hanno avuto un’evoluzione affascinante: non ci resta che cominciare un viaggio di ritorno al passato.

Da una definizione cavalleresca a quella industriale

Nel libro Entrepreneurs, Entreprise: Histoire d’Une Idée (1982), la ricercatrice e filosofa Hélène Vérin esplora le radici concettuali di due termini che oggi associamo inevitabilmente al mondo del business, rivelando che questi esistevano ben prima dell’economia industriale. Impresa e imprenditore originariamente avevano un significato distante dal linguaggio economico: appartenevano al gergo medievale e al mondo militare-cavalleresco. Proprio così: il termine impresa descriveva un atto straordinario, una sfida fuori dal comune, che richiedeva coraggio, visione e un pizzico di audacia. L’imprenditore in questa cornice non era altro che l’audace cavaliere, colui che si assumeva il rischio con onore.

Nel corso dei secoli, però, questi concetti si sono arricchiti di nuove sfaccettature, soprattutto a partire dal Seicento. Ad esempio, Richard Cantillon (economista e banchiere irlandese) collega il concetto del rischio al mondo del commercio per giustificare il mestiere (profittevole) dei mercanti. Le loro operazioni commerciali portavano dei profitti enormi, certo, perché enorme era il rischio che si assumevano. Un’idea che rimane coerente con la precedente e lega ancora una volta l’idea di impresa a una prova di audacia che premia il coraggio.

Con l’economista francese Nicolas Baudeau, sempre nel corso del Settecento, questi concetti vengono applicati a una nuova dimensione. La sua visione è profondamente legata all’agricoltura: la natura produceva valore, ma il suo potenziale poteva essere amplificato grazie all’intervento dell’imprenditore. In questo caso più che di rischio parliamo di innovazione: l’imprenditore era colui capace di innovare il processo produttivo applicando buona parte delle tecniche e tecnologie esistenti per renderlo ancora più profittevole.

Infine, tra Settecento e Ottocento, l’economista italiano Melchiorre Gioia aggiunge a questa discussione un tassello fondamentale: l’imprenditore non è solo un innovatore o una figura audace, ma anche (e soprattutto) un organizzatore capace di coordinare risorse e fattori produttivi per raggiungere il massimo risultato. Queste prime teorie ci permettono di vedere quindi come i due concetti abbiano trovato origine attorno all’idea di innovazione, rischio e capacità organizzativa per poi avvicinarsi sempre di più alla sfera economica.

Verso nuovi significati: arriva la figura del manager

Con l’avvento della rivoluzione industriale e delle grandi imprese, il concetto ormai consolidato di imprenditore inizia a trasformarsi ancora una volta. Le teorie economiche del passato, che spesso identificavano l’imprenditore con il capitalista, non riescono più a catturare la complessità delle nuove dinamiche produttive.

La nascita delle moderne organizzazioni industriali ci pone davanti a un altro cambio concettuale, dovuto soprattutto all’introduzione di nuove tecnologie. Queste inevitabilmente richiedono competenze diverse rispetto ai tre ambiti che originariamente definivano questo mestiere, tanto che un altro economista francese è intervenuto nel dibattito. Jean-Baptiste Say, all’inizio del XIX secolo, introduce il concetto di manager. Per farla semplice, servono le conoscenze (non solo tecniche ma anche visionarie) per poter prendere decisioni strategiche e guidare il ciclo economico. Nel farlo, questo economista riformula anche il concetto di rischio associato a questo ruolo: la migliore qualità che può dimostrare un imprenditore è l’audacia giudiziosa, ovvero il sapersi assumere solo rischi calcolabili. Rispetto a prima, allora, vediamo che questa nuova idea legata al concetto di fare impresa comincia ad allontanarsi dalle visioni precedenti.

Man mano che si avanza, tra un dibattito e l’altro, la figura del manager salariato si stabilisce sempre più come un attore chiave nel mondo industriale. Il manager, pur non coincidendo necessariamente col proprietario dell’azienda, ne diventa il cuore operativo, grazie alle sue competenze specifiche e alla capacità di gestire realtà sempre più complesse. Questo cambiamento concettuale diventa ancora più marcato all’inizio del Novecento, quando le imprese industriali si trasformano in ecosistemi davvero articolati e il dibattito tra le relazioni del manager e dell’imprenditore si fa sempre più profondo. Questo periodo segna lo sviluppo delle imprese moderne (a struttura familiare o meno) come le conosciamo oggi, dove le concezioni di impresa e imprenditore si avvicinano di più a quelle che utilizziamo normalmente.

Delineando in modo semplice un dibattito che ha impegnato vari economisti storici per diversi secoli, vediamo che anche due parole che sembrano semplici e immediate sono in verità pregne di storia, emozioni e valori. Comprendere queste trasformazioni non è solo un esercizio di memoria storica, ma una preziosa opportunità per riflettere su quali tratti dell’imprenditorialità risuonino maggiormente in noi oggi, ispirandoci a chi ha aperto la strada.

E giusto per citare un ultimo esperto, ricordiamo che secondo Schumpeter essere imprenditore significava avere idee traducibili in innovazione, caratteristica che ritroviamo nel genio e nei percorsi degli imprenditori presenti nel nostro museo.

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